AREA STAMPA

Campagna Chiedilo a loro 2018

15 Apr 2018

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La firma è servizio al prossimo e trasparenza. Torna dal 15 aprile, con una serie di 9 interventi realizzati in Italia e nei Paesi in via di sviluppo, la campagna di comunicazione 8xmille della Conferenza episcopale italiana Chiedilo a loro (www.chiediloaloro.it). 

In evidenza alcuni tra i progetti realizzati grazie alle firme dei contribuenti, scelti tra le migliaia sostenuti in questi anni. 

“Abbiamo voluto raccontare da vicino la ‘Chiesa in uscita’ che oggi in Italia annuncia il Vangelo in Parola e opere. In tutta Italia sacerdoti e progetti ecclesiali restituiscono ai giovani spazi, fiducia e formazione, dai doposcuola di qualità all’avviamento professionale. Aiutano concretamente le famiglie, gli anziani e soccorrono i più fragili con migliaia di progetti diocesani – spiega Matteo Calabresi, responsabile del Servizio promozione CEI per il sostegno economico alla Chiesa – Siamo impegnati a rendicontare l’utilizzo dei fondi che ogni anno i contribuenti italiani destinano liberamente alla Chiesa Cattolica. La campagna di comunicazione mostra alcuni di questi interventi ed invita ad esplorare sul web la Mappa 8xmille, in continuo aggiornamento. Obiettivo è far scoprire il valore della condivisione e la diffusione sul territorio di questi piani di misericordia, dai contributi ricevuti alla realizzazione”. 

La campagna media CEI, per la regia di Stefano Palombi, con la fotografia di Francesco Zizola e il tema musicale tratto da The Time of Times di Badly Drown Boy, sarà disponibile anche quest’anno su tv e web (con gli spot da 30” e da 15”), radio, stampa e affissione. 

I video resteranno disponibili on line sul sito www.8xmille.it, dove è consultabile anche la rendicontazione attuale e storica, oltre alla geo-localizzazione per diocesi, regione e comune della destinazione dei fondi in Italia e nel Terzo mondo. 

Confermare la firma è importante, a sostegno di opere di culto e pastorale, sostentamento dei sacerdoti diocesani, carità in Italia e nei paesi in via di sviluppo. La Chiesa ogni anno si affida alla libertà e alla corresponsabilità dei fedeli e dei contribuenti italiani per rinnovarla, a sostegno della sua missione. Perché – come ci ricorda anche Papa Francesco – “condividere è il vero modo di amare”.​​

SIRACUSA
PROGETTO CI INTERESSIAMO A TE
“Dai libri alla spesa quotidiana, sosteniamo le famiglie in difficoltà”

Un fondo per gli studi dei figli destinato a famiglie a basso reddito, con doposcuola e laboratori. E’ il primo passo del progetto diocesano Ci interessiamo a te della Caritas siracusana, guidata da don Marco Tarascio. Segni particolari: dove necessario, ha affiancato i giovani anche per tasse scolastiche, acquisto di libri e materiali, spese per trasporti e mense, fino all’orientamento per chi si iscrive all’università. 

Il piano globale, reso possibile da decine di operatori e volontari e sostenuto dall’8xmille con 40 mila euro, è mirato all’ascolto e al supporto familiare. Don Marco è parroco di San Metodio, nel quartiere di frontiera Akradina, zona nord di Siracusa, dove fino al 2006 mancava la chiesa e la S. Messa veniva celebrata in un vagone donato dalle Ferrovie dello Stato. Oggi (anche con l’8xmille) la nuova chiesa è una realtà, in pietra, Parola e opere di vicinanza al popolo di Dio, specie dove sicurezza e occupazione restano ancora indietro. Proprio a San Metodio c’è uno dei punti d’accesso al piano diocesano: lo Sportello Giovani. Dove viene spiegato che Ci interessiamo a te unisce l’obiettivo del contrasto alla dispersione scolastica e del successo formativo degli studenti, con quello dell’affiancamento a nuclei familiari in difficoltà. 

Secondo Istat, nel Siracusano il 3,8% degli under 19 non ha licenza media né diploma, valore decisamente superiore alla media nazionale (2.1%), così com’è troppo alta la quota di giovani che non studia ed è anche fuori dal mercato del lavoro: 20.4% rispetto al 12.3% medio italiano. “Contiamo almeno mille famiglie con gravissime difficoltà – spiega don Tarascio – ad una parte delle quali mancano periodicamente beni di prima necessità. Le emergenze registrate dai centri ascolto diocesani riguardano il reddito (96%), la scuola (91%), l’occupazione (86%), la famiglia (52%), l’abitazione (35%), poi salute, relazioni e dipendenze”. Per questo la Chiesa siracusana ha associato al suo speciale “piano di studi” per i giovani Il Bazar della Solidarietà, l’emporio sociale per l’acquisto gratuito di alimenti, prodotti per l’igiene della persona e detersivi. Ed ha coinvolto anche aziende locali dei settori casalinghi e cartoleria, in grado di donare le merci in eccedenza.​

TERLIZZI (BARI)
CASA SANTA LUISA
Nel doposcuola anti-devianza aspettando Papa Francesco

Nella diocesi che fu di don Tonino Bello, il prossimo 20 aprile arriverà il Papa per ricordare, nel 25°anniversario della morte, il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi (1935- 1993) per cui è aperta la causa di beatificazione. Furono proprio i suoi “ragazzi” a dare il via nel 2013 a “Casa Santa Luisa”, erede di un impegno ventennale della Caritas per i minori. Il presidio per bambini a rischio marginalità è aperto nella centrale corso Vittorio Emanuele. Gli operatori prevengono, con opportunità educative, devianza e difficoltà familiari, per “far brillare la dignità dei poveri”, come chiedeva il loro profetico vescovo ispiratore. 

A Terlizzi, 27mila abitanti nella cintura metropolitana di Bari, il presidio – a cui per primi credettero sacerdoti, come i direttori Caritas diocesana don Cesare Pisano e don Francesco De Lucia, oltre ai vescovi mons. Donato Negro e mons. Luigi Martella, con l’attuale titolare mons. Domenico Cornacchia – forma educatori, insegnanti, catechisti. Perché l’emergenza educativa dilaga. E qui per i giovanissimi i compiti diventano un gioco, la cultura un ricostituente. 

“Dall’uscita da scuola all’ora di cena – spiega Edgardo Bisceglia, avvocato e coordinatore di Casa Santa Luisa – combattiamo lo svantaggio sociale” con fondi diocesani, privati e l’8xmille, intervenuto con 300 mila euro triennali. Ci sono psicologi dell’età evolutiva e mediatori familiari, il logopedista, 3 educatori e assistenti sociali a monte dell’orchestra anti- devianza o della pet-therapy per rafforzare l’empatia. Le famiglie trovano qui una “scuola per genitori”, confrontandosi nei “gruppi di parola”. Obiettivo è accompagnare gli adulti e insegnare loro a leggere i segnali dei figli. 

“In alcuni casi le richieste di aiuto economico in parrocchia possono rilevare retroscena di ben altra portata – evidenzia Bisceglia – Maltrattamenti, disoccupazione cronica, dipendenze o ludopatie. Cattivi genitori si diventa quando si perdono di vista le priorità o si è privi di strumenti, talvolta a causa di danni vissuti a propria volta”. Dai conflitti familiari all’apprendimento, “lavoriamo con le scuole, ma anche con scout, gruppi sportivi, oratori e Tribunale dei minori”. 

Un’azione strutturata di prevenzione, a tutto campo, su misura. Anche nei casi più difficili: “Quando un ragazzino capisce che è capace di suonare in un’orchestra di coetanei, travolta dagli applausi del pubblico nel duomo di Bari, e non solo di devastare i bagni dello stadio, la sua anima può cambiare”. Nell’intera Italia cresce l’attenzione per il modello replicabile Santa Luisa. “È un momento storico delicato – spiega Edgardo Bisceglia – ovunque cova un disagio da non sottovalutare, con nuove forme di rabbia, generate dalla consapevolezza di diventare invisibili, di non contare più nulla”. 

Nel nostro Paese che ha scoperto all’improvviso le sue banlieue, le baby gang e la “povertà giovanile” nelle sempre più numerose aree deprivate, ormai ben oltre le periferie urbane, ci sarà sempre più bisogno di interventi come questo, sale della terra.

GUIDIZZOLO (MANTOVA)
CASA FAMIGLIA S. VINCENZO DE PAOLI – CONTE GAETANO BONORIS 
Qui comincia la vita nuova delle madri in fuga dalla violenza

Una casa di seconda accoglienza è il passo di chi sta per riprendere il cammino. Dopo il trauma degli abusi e della fuga, con i figli minori per mano, qui entrano donne più vicine a ritrovare (o a costruire per la prima volta) autonomia emotiva ed economica. Italiane e immigrate, ribellatesi all’aggressione di un marito o di un clan. 

“In 18 mesi – spiega il direttore della Caritas mantovana Giordano Cavallari – l’intervento è profilato su ognuna. Casa San Vincenzo, aperta nel 2009, rientra nel nostro progetto d’accoglienza C.A.S.E., diffuso sul territorio. Le mura sono dono di benefattori o case canoniche in disuso”. La ristrutturazione del palazzo storico di Guidizzolo, firmata anche dai fedeli italiani con 300 mila euro, ha fatto spazio a mini-appartamenti e ad un asilo a lungo- orario per dar modo alle giovani di cercarsi un impiego. 

“L’accompagnamento dei poveri è pedagogia per chi accoglie. All’inizio c’è sempre chi scuote la testa. Poi le persone si incontrano e la vita comunitaria cresce”. Oggi le volontarie dell’asilo vengono dall’unità pastorale di Guidizzolo e da parrocchie confinanti. “E l’opera non è assistenziale, perché ove possibile alle giovani madri è richiesto un affitto simbolico, che le allena a tener fede agli impegni di quando la vita familiare riprenderà”.​

AMATRICE (RIETI)
LA PRIMA EMERGENZA E GLI ALTRI INTERVENTI POST SISMA
Da questo “campo base” la Caritas ha soccorso le 7 diocesi colpite 

Ad Amatrice, simbolo del vasto cratere colpito dal sisma 2016 in Centro Italia (299 morti), la Caritas si è fatta motore e sintesi di una solidarietà senza confini (oltre 26 milioni di euro raccolti), con gemellaggi oltre l’emergenza. L’8xmille ha assicurato un milione di euro. Aprire uffici Caritas distaccati ad Amatrice è servito a intervenire su necessità verificate, anche nelle piccole frazioni. 

Dalla prima accoglienza per coppie con figli e anziani ai Centri di Comunità polivalenti in tutte le diocesi (Rieti e 6 nelle Marche), con spazi multiuso, mensa e posti letto per gli sfollati in attesa d’assegnazione delle casette, area giochi per i bambini. 

Poi bandi diocesani per far ripartire l’economia (con contributi fino a 50 mila euro), moduli abitativi, generatori. “Dalla tv non ci si può rendere conto di quanto la situazione sia difficile – spiega un operatore Caritas – ma quando ci si muove tra le macerie la differenza è netta, perché le persone ti raccontano quello che hanno perso”. “C’è una singolare dignità in chi vive una condizione così essenziale – ha detto il vescovo di Rieti mons. Domenico Pompili- e una grande capacità di prendere l’iniziativa dal poco che c’è. Si dice: Io ci sono, dunque si può ripartire”.​

COSENZA
MENSA CASA NOSTRA
Seimila pasti caldi in un anno, la tavola diocesana serve la città 

Pasti caldi per 50 persone, con docce, abiti, lavanderia, assistenza legale, ambulatorio e centro ascolto.
Da febbraio 2016 i poveri sono di casa in un’ala dell’arcivescovado. Con 50 mila euro dall’8xmille, l’opera “è nata nel cuore della diocesi di Cosenza- Bisignano, ma soprattutto nel cuore del Signore, che ci vuole capaci, con la nostra vita, di dire ciò che crediamo” ha detto l’arcivescovo di Cosenza- Bisignano mons. Francesco Nolé. 

Cosenza parla di sé con gli oltre 6 mila pasti caldi serviti in un anno, 200 visite mediche, 60 volontari accanto alle suore Missionarie francescane dei poveri. E con le unità di strada della Caritas, guidata da don Bruno Di Domenico, che di notte raggiungono chi dorme in auto o all’aperto. 

“La povertà in città è in aumento, senza segnali di ripresa -spiega il presidente dell’associazione Casa nostra Pino Salerno- In mensa arrivano per lo più italiani, ossia esce allo scoperto la classe media che finora aveva resistito con i risparmi”. Un rivolo di quei 180 mila posti di lavoro e 7 miliardi persi ogni anno per l’aggressione delle mafie all’economia del Sud. “Le opere di modernizzazione urbana, come l’imponente ponte di Calatrava – aggiunge Salerno- in realtà non incidono sulla povertà dei cittadini, dai giovani con contratti a termine ai padri separati”. 

“E’ ora di aprirci agli altri – ha ricordato mons. Nolé – e di dire: ‘Io ci sono’”.​

MASSA
PARROCCHIA VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Nuovi spazi di riunione per giovani e famiglie, così cresce la comunità

C’è qualcosa di nuovo in una delle chiese più antiche di Massa, detta familiarmente Madonna del Monte.
Consacrata nel 1599, al suo interno conserva un affresco trecentesco della Vergine in Maestà dai tratti giotteschi. Sotto il suo sguardo sono passati oltre 700 anni di storia della città. Ma oltre la chiesa, per la comunità di 1.450 abitanti, stretta dal vicino ospedale civile, gli spazi erano pochi. I giovani non avevano che la piazzetta antistante per ritrovarsi, all’interno mancavano anche i bagni. 

Con 560 mila euro provenienti dall’8xmille, che hanno affiancato il mutuo da 130 mila euro acceso dai parrocchiani, è stato possibile ricavare nuove sale. “Per genitori e ragazzi è stato un nuovo inizio – spiega il parroco, don Luca Franceschini – ci siamo ritrovati per imbiancare, spostare i mobili. Oggi pensiamo anche ad un doposcuola. Sostenute dalle firme dei fedeli italiani, le persone si sono sentite pietre vive, anche nella parrocchia di SS. Rocco e Giacomo che compone la nostra unità pastorale. Avremo più spazio per progetti destinati agli anziani, quota rilevante della popolazione, dopo che tante famiglie per la crisi sono andate via”.​

VICENZA
CASA BEATO CLAUDIO GRANZOTTO
Dopo separazioni e licenziamenti serviva un tetto per i nuovi poveri

Non avrebbero mai pensato di finire in strada, faticavano a chiedere aiuto. Sono i destinatari dell’azione diocesana e di alloggi a medio termine da cui ripartire, raggiunti attraverso la rete di 112 centri ascolto Caritas. Padri separati, pensionati, anziani che per aiutare i figli non sono più riusciti a pagare l’affitto, licenziati dopo anni di lavoro, famiglie in emergenza abitativa temporanea, giovani precari. 

Sono in continuo aumento i nuovi poveri per cui il costo dell’abitazione diventa proibitivo, conferma l’Istat. Ma anche grazie all’8xmille trovano, all’antico convento francescano di Santa Lucia a Vicenza, ristrutturato e oggi crocevia di co-housing sociale, monolocali o appartamenti attrezzati, per sei mesi, con una piccola partecipazione alle spese per acqua, gas e luce. 

“Prima ancora che Papa Francesco chiedesse di non fare dei conventi vuoti un’occasione di guadagno, qui a Vicenza già si lavorava in questa direzione” spiegò nel 2015 il vescovo mons. Beniamino Pizziol inaugurando la casa, intitolata al giovane beato francescano Claudio Granzotto, mistico di Cristo crocifisso, che offrì per gli altri la sua vita. “Già nei primi 6 mesi accogliemmo 60 padri separati” ricorda il direttore della Caritas diocesana, don Enrico Pajarin. 

Maschio, 43 anni, è l’identikit dell’ospite medio, ma si contano anche donne, ultraottantenni o bambini con un genitore. Chi è in difficoltà momentanea qui può respirare. Riceve sostegno emotivo dopo lo choc del cambiamento di vita e non è solo nel nuovo cammino.​

TERRA SANTA
CASA D’ACCOGLIENZA PER ANZIANI
Vicini ai cristiani d’Oriente, “così assistiamo i più vulnerabili”

A Betlemme le firme hanno significato calore e dignità per gli anziani. Sono la memoria della Terra Santa, ma per loro non esiste welfare, né sistema pensionistico, né assistenza medica pubblica. L’unica opera che li sostiene è quella dei frati francescani di Betlemme. 

“Sono i più vulnerabili, bisognosi di cure e medicine, ma del tutto a carico delle famiglie, molte delle quali in ginocchio per la disoccupazione. Di fronte ai numerosi casi di abbandono siamo intervenuti – spiega Vincenzo Bellomo della Società Antoniana – Accogliamo i più poveri con mensa, acquisto di farmaci e apparecchiature mediche, quando serve un intervento chirurgico. I beneficiari sono principalmente cristiani, ma anche musulmani”. Succede l’inverso però per altre opere di misericordia destinate alle fasce deboli della città, donne e bambini: “ad esempio, alla scuola materna gli alunni sono in maggioranza islamici. Nella quotidianità tra le due confessioni i rapporti sono abituali: i nostri operatori sono per lo più musulmani e seguono i malati con dedizione e professionalità”. 

Con loro le suore della Società Antoniana, che dal 1913 a Betlemme dedicano la vita a persone di cui nessuno più si cura. “Anche il farsi carico dei dimenticati è una particolarità della presenza cristiana nei luoghi storici di Gesù” spiegava padre Pierbattista Pizzaballa, storico Custode di Terra Santa e presidente ATS, nominato poi arcivescovo amministratore apostolico di Gerusalemme e a cui è succeduto il trentino padre Francesco Patton. 

Quanto ai bambini di Betlemme, per loro è stato ricostruito il parco giochi del centro parrocchiale, collegato a borse di studio, corsi di informatica, doposcuola, integrazione dei minori con difficoltà di apprendimento, prevenzione della violenza domestica, così come con gli interventi per il rafforzamento delle donne.

Per queste ultime sono nate opportunità di lavoro: ad esempio la produzione e vendita di farina per la pita (focaccia di pane) tipica di Betlemme con il marchio di Beit Sahour, il luogo dei biblici campi di Boaz, citati nel libro di Ruth. O i corsi per un’alimentazione sana. 

L’8xmille ha sostenuto il programma triennale Le donne, i giovani e gli anziani: sosteniamo i più deboli di Betlemme dell’ATS (Associazione Terra Santa) con 283 mila euro. Sullo sfondo il costante calo demografico delle comunità cristiane attorno a Gerusalemme, con continue dismissioni di proprietà da parte dei cittadini cristiani e spopolamento per la crisi economica. L’azione dell’ATS mira a salvare l’impronta cristiane e i luoghi delle origini, rafforzando i legami tra cattolici d’Oriente e d’Occidente.

SENEGAL
SCUOLA NOSTRA SIGNORA DEL SACRO CUORE
“In classe costruiamo la pace”, cinquecento bambini ora possono studiare 

A Kaolack, 190 chilometri a sud-est della capitale Dakar, l’istruzione è ancora una sfida. Ma una scuola parla sempre di futuro. Ha ricevuto fondi 8xmille per 105 mila euro la materna ed elementare delle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore, a Kaolack: 500 scolari in una delle regioni più popolate del Senegal. 

Una risorsa in un Paese dove le materne sono rare e la scuola primaria è frequentata solo da 3 bambini su 4 (dati Banca mondiale). Nella giovane repubblica fondata nel 1960 da Léopold Senghor, uno dei maggiori intellettuali africani del XX secolo, dotandola di numerosi progetti culturali, oggi il sistema d’istruzione nazionale, gratuito fino all’università, è in forte difficoltà. Sono cronici mancanza di fondi, rinvii di responsabilità governo-insegnanti. All’avvio di ogni anno scolastico le classi sono per metà vuote: servono appelli dei leader religiosi perché le famiglie accompagnino regolarmente i bambini in classe e non esiste un sistema di supplenti. Senza insegnante, gli alunni tornano a casa. 

La frequenza alle medie, a cui si accede con un esame, crolla al 20%.Numeri da brivido nel Senegal di oggi, dove l’età media dei 16 milioni di cittadini è 22 anni (42 anni in Italia), e i giovani sono l’80%. Il tasso di alfabetizzazione, è fermo al 60% tra i maschi under 24, e al 50% per le coetanee (fonte Onu). Lo Stato provvede solo in parte all’edilizia scolastica: mura ed equipaggiamento spesso dipendono da famiglie e comuni. 

Nel Paese per il 92% musulmano, è diffusa l’istruzione informale delle madrasse, le scuole coraniche dove si imparano a memoria le sure in arabo. I cattolici sono meno del 5%, e meno dell’1% a Kaolack, dov’è la scuola: 19mila cristiani su 2milioni di abitanti. Ma grazie ai fondi delle Chiese dall’estero sono nate scuole aperte a tutti, che spiccano anche per i risultati degli allievi. 

Oltre l’80% degli iscritti supera gli esami, a fronte di una media nazionale del 35%. “Aiutiamo i giovani a prendere in mano la loro vita. È una pedagogia della fiducia, che fa superare gli ostacoli, perché le cose possono cambiare” spiegano le insegnanti di Kaolack.

In classe si impara la convivenza tra confessioni e culture del Senegal, dove si parlano 20 lingue, con wolof e francese idiomi veicolari. In Africa occidentale l’ondata di integralismo islamico ha scosso il tradizionale dialogo tra comunità, una mutazione epocale che sfrutta le promesse mancate ai giovani. Gli effetti sono attacchi sporadici alle chiese o intolleranza a bassa intensità, come il rifiuto di stringere la mano agli infedeli, propagandato sui social media. “L’incontro è nella tradizionale del Senegal ed è l’unica alternativa alla barbarie” ha detto l’arcivescovo di Dakar e Kaolack, mons. Benjamin Ndiaye. 

I cattolici senegalesi non a caso difendono il dialogo e l’accesso dei più poveri agli studi superiori. Nonostante oggi sia alta anche la disoccupazione intellettuale, l’istruzione è l’unica alternativa alle sirene dell’emigrazione. Che è una febbre. L’economia cresce ma è ancora per lo più agricola, il lavoro è raro. Fattore chiave dello sviluppo, fino al 10% del Pil, sono le rimesse degli emigrati. Per medicine, cibo, vestiti, anche per dare il nome ai figli si chiede a chi è all’estero. Per far partire i giovani le famiglie si indebitano e tremano: perché le prospettive di benessere sono sempre più volatili, e perché il viaggio verso l’Europa significa entrare nella “tana del leone”, in balia di schiavitù e violenza. “Il Senegal può progredire – insiste un insegnante – solo i giovani restano”.

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